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06/12/11

Lacrime Lacoste


 Il governo Monti ha presentato il conto. Un governo tecnico che fa quello che è stato chiamato a fare, dicono tutti: le misure impopolari necessarie che nessuno aveva il coraggio di intraprendere.
Falso.
Ora sono tutti lì ad indignarsi, chi da una parte e chi dall'altra, ma non sta accadendo nulla di inaspettato, nulla di imprevedibile. E neppure nulla di inevitabile. E soprattutto sta accadendo qualcosa di profondamente politico. Politicamente c'è stata l'ennesima resa della sinistra, sempre che ancora così si possa classificare il PD per metà ex-democristiano, per l'altra ex-diessino, a sua volta ex-migliorista. L'ex-sinistra, dunque, una volta tanto che poteva proporsi come alternativa, come novità, e col favore delle elezioni magari sfidare lo status quo, cavalcare i movimenti internazionali, ritrovare la sua anima e rilanciare l'economia, magari con un po' di vantaggio neo-keynesiano... si arrende. Non mi è dato sapere cosa passi per la mente dei leader di questa sinistra, né si capisce quale sia la loro inclinazione economica, ma sicuramente poco hanno degli animi battaglieri di quella classe che ne ha generato i principi, e probabilmente è scomparsa pure dal paese reale. Del resto non sono qui a richiamare la dittatura del proletariato né la collettivizzazione delle fabbriche, ma, magari, un po' di liberalizzazioni dove ci sono le lobby e qualche nazionalizzazione dove ci sono stati un po' troppe beneficenze statali, un po' di caro vecchio compromesso social-democratico fatto di spesa pubblica a sostegno della produttività. Misure che alla lunga avrebbero convinto pure i mercati, magari anche nell'immediato di un'elezione, se ben propagandati. Certo è che non si poteva sbagliare, e questi personaggi, invischiati come sono nelle loro beghe hanno pensato bene (riconosciamogli almeno l'onestà intellettuale) di non potercela fare.
Una sconfitta politica, dunque: o meglio, una resa incondizionata. Stiamo vivendo una crisi tremenda, ma endemica al nostro sistema economico. Il capitalismo è per sua natura portato a sviluppare crisi periodiche, specie nella sua degenerazione finanziaria: dagli anni Ottanta ad oggi la finanza emersa e sommersa dell'asse bancario Wall Street-Londra ha creato ad hoc bolle speculative che hanno sostenuto e danneggiato tutte le fasi della crescita economica sparsa per il mondo negli ultimi trent'anni. Allo scoppio di una bolla, si sopperiva con la nascita di un'altra, verso cui deviare le obbligazioni gonfiate: e via così. Le banche hanno attuato questa pratica sui mercati stranieri fino ad arrivare  in Europa e negli stessi USA capendo di poterlo fare senza soccombere, perché ormai detengono la valuta, detengono i nostri debiti, e "non possiamo" permetterci di lasciarle fallire. Hanno creato ricchezza virtuale, ma in quei numeri c'è il lavoro di tutti noi, e nessuno vuol perderlo. E allora comandano loro, e mettono Monti al governo per risolvere i problemi. E che cosa fa il buon impiegato della Goldman Sachs? "Stranamente" fa austerity. Facile e giustificabile, la crisi c'è, bisogna tagliare tagliare tagliare.
FALSO!
La politica è in tutto, e tutto è politica. Fare Austerity vuol dire perpetrare un pensiero economico vecchio di trent'anni, il pensiero delle politiche neoliberiste che hanno affossato il keynesismo che, pur con i suoi difetti, aveva risollevato l'europa post-bellica, creato produttività, diffuso ricchezza e welfare. Il sistema che ha garantito la formazione dei nostri padri, ha posto le basi del nostro stato sociale, ha permesso di raggiungere diritti ed equità. Non un sistema perfetto, ma un sistema che nei primi anni '80 è stato combattuto dall'1% più ricco della popolazione che non voleva condividere il suo benessere ed il suo potere. La manovra partorita dall'esecutivo di Monti ieri è il vessillo di questa politica economica, e non riesco a credere che il fior fiore della intellighenzia tricolore non potesse produrre di meglio.
Ancora una volta abbiamo ciò che ci meritiamo: i più ricchi gestiscono il mondo a loro piacimento perché hanno saputo addormentare per bene i deboli. Impegnarsi nei movimenti vuol dire essere dei comunisti, dei violenti, essere fuori dalla democrazia. Stare nella democrazia vuol dire, invece, scuotere la testa e votare sì. Io invece credo che, rimossa l'anomalia berlusconiana, bisogna riappropiarsi della politica e della democrazia. Non si può più essere bollati con etichette affrettate se si esprime un pensiero scendendo in piazza: un'idea è un'idea e come tale deve essere rispettata nella sua intonsa, perfetta, formidabile consistenza iperuranica. Alle istituzioni sta il compito di valutarne il peso, che deve essere proporzionale alle persone che scendono in piazza, e soprattutto sta il compito di rispettare quell'idea. Scontrandosi con la realtà l'idea farà il suo iter democratico, ma che lo faccia.
 Io, per esempio, piuttosto che bloccare gli assegni delle pensioni per due anni a gente che magari ha sulle spalle nipoti che non trovano lavoro, avrei tassato i prodotti finanziari agli speculatori che creano ricchezza virtuale. La mia è solo un'idea. Se nessuno la porta avanti non possiamo lamentarci di nulla. Non posso lamentarmi di nulla.

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