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20/09/11

Evasori d'Italia. Chi ci spinge in fondo all'UE ?


 Le camere hanno varato la scorsa settimana una manovra finanziaria di emergenza che segue un massiccio provvedimento già deliberato prima dell’estate e a cui faranno seguito a breve altre manovre di entità altrettanto notevole. Entro il 2013 tali manovre dovrebbero arrivare a rimpinguare le casse dello Stato per una somma che si aggira attorno ai 400 miliardi di euro. Una colossale serie di riforme per salvarci dal fallimento e risalire la china in Europa, per riavvicinarci un po’ alla Germania e cercando di tenere lontano lo spettro della Grecia.
Tralasciando il dibattito etico-politico che tanta polvere ha alzato tra le fila dell’opinione pubblica, in particolare in riferimento ai privilegi della casta di Montecitorio come a quelli di cui beneficia il Vaticano, il dato che più di tutti sottolinea il nostro ritardo rispetto all’élite dell’UE è quello della lotta all’evasione.
Lo scorso 24 agosto Dario Pagnoni ha elaborato un’eloquente grafica su “Il Sole 24Ore”, mostrando il tasso percentuale di evasione fiscale sul gettito teorico di tutta l’Europa a 27. L’Italia occupa il 4° posto con un’evasione al 22%, dietro Ungheria (23%) e Slovacchia (28%), con il primo posto “saldamente” in mano alla Grecia (30%).
 I paesi chiave dell’Unione, Germania e Francia, hanno tassi notevolmente più bassi (rispettivamente 10% e 7%). E se è vero com’è vero (e come anche il nostro Ministero del Tesoro non manca di ricordarci in un suo recente spot contro l’evasione) che le nostre tasse ci vengono restituite in beni e servizi, chiunque sia stato nella metropolitana di Berlino o Parigi avrà ben chiaro come questi numeri si traducano in fatti constatando la differenza (e i trasporti pubblici sono solo uno dei possibili esempi) con i servizi di Roma, Milano o Napoli.

Come si distribuisce nel Paese questo dato? La risposta a questo quesito non è esente da valutazioni politiche, considerato che il governo in carica si è sistematicamente dilettato in condoni di vario tipo, a partire dai grossi conti all’estero fatti rientrare con lo “Scudo Fiscale” al 5%, senza dimenticare i meno recenti condoni sull’abuso edilizio e la depenalizzazione del falso in bilancio. La sistematicità di questo genere di misure non ha evidentemente incoraggiato queste classi di contribuenti a regolarizzarsi, specie stando alla fotografia del Paese che l’IRPEF ha fatto a inizio giugno. I dati parziali, riferiti al 2010, mostrano che l’evasione (dato medio: 13,5%), contrariamente alla propaganda di certe fazioni politiche, al Sud (7,9%) è sensibilmente inferiore al Centro (17,4%) e al Nord (14,5%). Non a caso dal lavoro autonomo (libera impresa) si registra un -56,3% di gettito, e dai proprietari immobiliari un -83,7%. Unico dato positivo il +7,7% versato dai pensionati.
 Questi dati in buona parte sono inficiati dalle stime sull’economia sommersa: un buco stimato tra i 255 ed i 275 miliardi. I dati IRPEF, stavolta riferiti al 2008, tuttavia corrispondono per il 55% alle “correzioni del fatturato”, e per il 37% al lavoro “nero”. Quest’ultimo dato si è ridotto del 2,3% rispetto all’anno precedente, ma non c’è molto da esultare, poiché c’è stata una corrispondenza immediata nei dati sul lavoro precario.

 L’Italia, dunque, è senz’altro un Paese Europeo con un tasso di evasione troppo alto perché l’unica misura presa sia uno spot televisivo in un momento di instabilità che mette a rischio la coesione dell’intera eurozona. Ed è senza dubbio impossibile “bacchettare” gli italiani, che non sono antropologicamente più inclini all’evasione dei vicini francesi, tedeschi o spagnoli, ma la cui condotta, se mai, rispecchia le scelte quantomeno discutibili della sua classe dirigente.

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