Venerdì
scorso, 9 Settembre 2011, a Pyongyang si è celebrato il 63°
anniversario della Repubblica Popolare Democratica di Corea (DPRK).
Nell'ultima settimana lo spartano sito che fornisce le agenzie
ufficiali del governo nordcoreano, il Korean Central News Agency
(KCNA), si è arricchito ogni giorno di annunci di auguri e di regali
di questo o quel governo o ambasciata a celebrare la ricorrenza, e ad
una settimana di distanza ha potuto ben selezionare i rapporti
commemorativi più convenienti diffusi dai media stranieri. Tra tra
un augurio e l'altro anche la notizia di un liceo cubano intitolato
allo storico leader Kim Il Sung, con l'intervallo di alcune notizie
di cronaca estera, come la visita del Presidente cinese Hu Jintao
agli insegnanti delle scuole medie di Pechino e lo spropositato
investimento del governo della Repubblica di Corea (ROK) di Seoul per
l'acquisto di vari tipi di armi dagli Stati Uniti.
Anche
tra le laconiche agenzie della KCNA possiamo tuttavia trovare uno
spiraglio che faccia luce aiutandoci a comprendere uno degli scenari
più complessi dello scacchiere globale, specie al termine di un anno
tanto complesso. Si, perché questo sessantatreesimo anno è stato
probabilmente uno dei più aspri per i rapporti ufficiali
intercoreani dalla caduta del blocco sovietico, se non addirittura
dall'armistizio del '53 che pose fine alla Guerra di Corea, e vale la
pena ricordare che nessun trattato di pace ha mai seguito
quell'armistizio.
Questi gli avvenimenti. Il
26 marzo 2010 la corvetta sudcoreana Cheonan che transitava nel Mar
Giallo colava a picco dopo un esplosione a poppa portando con sé 46
marinai. L'affondamento veniva attribuito all'attacco di un'unita
sottomarina di Pyongyang. Il 23 novembre seguente le batterie
costiere nordcoreane aprivano il fuoco contro Yeonpyeong, un'isola a
13 Km dalle coste del Nord la cui attribuzione alla Corea del Sud e
sempre stata contestata, e i sudcoreani risposero prontamente al
fuoco, con un bilancio finale di 4 sudcoreani morti (tra cui 2
civili) e 15 feriti. Il 17 giugno scorso, infine, l'attenzione e la
tensione internazionale sulla penisola estremorientale sono state
tenute alte dalla notizia di un fuoco aperto per errore
dall'artiglieria sudcoreana contro un aereo commerciale dell'Asiana,
importante compagnia battente bandiera ROK, scambiato per un velivolo
nordcoreano. Altri scambi di colpi di artiglieria, seppur
trascurabili dal punto di vista militare e pressoché inscrivibili
nella prassi dei rapporti di frontiera tra Nord e Sud, si sono avuti
agli inizi di Agosto impedendo l'instaurarsi di un regime di calma,
seppur apparente.
La
svolta dei primi anni '90,
con la caduta del blocco socialista da una parte e la fine delle
dittature militari dall'altra, si era tradotta in una reciproca
apertura al dialogo delle due parti. Nel 1991 le due Coree furono
congiuntamente ammesse alle Nazioni Unite e nel Giugno 1994, con la
mediazione americana, venne deciso un incontro ai massimi livelli tra
Kim Il-sung e Kim Young Sam, programmato per il successivo 25 Luglio;
purtroppo la morte del Grande Leader impedì che lo storico incontro
potesse aver luogo. Tuttavia la disponibilità al dialogo dei
Presidenti sudcoreani Kim Dae-Jung e Roh Moo Hyun fece ugualmente
segnare una serie di piccoli passi avanti nel delicato processo di
riappacificazione. Nel Giugno 2000 si è tenuto lo storico incontro
con il viaggio di Kim Dae-Jung a Pyongyang, improntato su una
politica di trasparenza tra le due parti. Risultati concreti se ne
sono avuti: il più simbolico e significativo è stato,
probabilmente, la decisione di riaprire la linea ferroviaria
Pyongyang-Seoul interrotta nel '45 dalla linea di demarcazione. Più
concretamente va registrato che ad alcune imprese sudcoreane venne
concesso di approdare al Nord, al quale fu concesso di importare
tecnologia informatica. La città di Kaesong, antico snodo
commerciale in territorio settentrionale, venne demilitarizzata e al
suo interno si stabilirono 250 società sudcoreane che, al 2007,
contavano circa 100.000 operai nordcoreani. Nel Gennaio 2001 Kim
Jong-Il cercò di rilanciare l'apertura al mondo occidentale
dichiarando di voler assumere una “nuova mentalità” rispetto
alle sfide dell'economia. Ma solo un anno dopo, il 30 Gennaio 2002,
l'ottusa amministrazione Bush Jr. inscriveva ufficialmente la Corea
del Nord tra gli “Stati Canaglia” e componente autorevolissima
del cosiddetto “Asse del Male”. Il 2 Ottobre 2007 il Presidente
Roh Moo-Hyun comunque incontrò Kim Jong-Il per riaffermare lo
spirito dell'incontro ai vertici del 2000. Il 4 Ottobre 2007 i due
leader hanno firmato una dichiarazione di pace, un documento che
invoca un consiglio internazionale per sostituire, a distanza di
oltre mezzo secolo, l'armistizio del '53 con un trattato di pace
permanente.
Le
provocazioni della Corea del Nord si inscrivono nel paradigma della
minaccia: il
Nord è un Paese che si sente sotto assedio e che deve continuare a
tenere alto il suo livello di militarizzazione per sentirsi al sicuro
(specie in virtù della continua presenza e delle sessioni di
esercitazione delle truppe statunitensi con quelle sudcoreane), ma
non è autosufficiente (specie quanto a generi alimentari) e alzare
periodicamente la tensione fa parte della sua strategia di
brinkmanship per tenere alti i suoi margini di negoziazione. Poi ci
sono Washington
e Pechino.
Se da una parte agli USA interessa molto
che all'altezza del 38° parallelo si tenga alta la tensione cosi da
non dover smobilitare le sue truppe da un territorio cosi strategico,
dall'altra la Corea del Nord sente la propria indipendenza minacciata
più dalla Cina che dagli stessi Stati Uniti, e per questo Pyongyang
ha più volte manifestato la sua volontà di avvicinamento e di
normalizzazione delle relazioni chiedendo colloqui bilaterali.
Colloqui peraltro mai concessi dagli USA proprio per non
compromettere i rapporti con Pechino. E tutto questo la dice lunga, a
sua volta, sui rapporti tra Corea del Nord e Cina. Nonostante
l'atteggiamento di facciata che traspare dalle agenzie (anche di
dubbio interesse) della KCNA sul vicino cinese, di fatto i
nordcoreani sono spinti tra le braccia della Repubblica Popolare per
disperazione, poiché messi all'angolo dalla quasi totalità della
comunità internazionale che ad essa si rivolge costantemente per
fare da intermediario con Pyongyang. I coreani non sono affatto
contenti di questa forma di provincializzazione, mentre i cinesi sono
evidentemente anche loro propensi a preservare uno status
quo che
non ne destabilizzi la supremazia sullo scacchiere estremorientale.
Cosa
è cambiato rispetto alla lenta distensione dei quasi vent'anni
precedenti? A
questa domanda può probabilmente rispondere soltanto uno sguardo
interno al regime. Kim Jong-Il ha indicato nel suo terzogenito Kim
Jong-Un la prossima guida del Paese, ma è possibile che il giovane
erede designato sia già virtualmente in carica, date le condizioni
di salute del Caro Leader, e che in un regime militare come la DPRK
la linea dura, dopo un lungo periodo di distensione e storici
incontri al vertice, sia stata una prova di forza e legittimazione
della sua investitura.
Le
ultime uscite pubbliche sembrano avvalorare la tesi che riconduce al
“fattore successione”.
Fino ad un anno fa le apparizioni di Kim Jong-Un erano sempre state
alquanto defilate, tanto che, di fatto, poco si sa di questo ragazzo,
a partire dalla sua età: compresa tra i 28 e i 30 anni.
All'improvviso, poi, il suo cursus honorum militare è stato
accelerato, con la promozione ad uno dei più alti ranghi militari
dell'esercito norcoreano e con la moltiplicazione delle sue
apparizioni ufficiali accanto al Caro Leader suo padre.
Le
celebrazioni del sessantatreesimo anniversario hanno confermato
questa tendenza.
Nelle sue agenzie la KCNA ha citato il giovane nelle primissime
posizioni dei dirigenti che hanno partecipato agli eventi di
celebrazione. Unitamente al recente, inedito attivismo diplomatico di
Kim Jong-Il con Pechino e Mosca, sembra di poter leggere l'azione di
governo in chiave di consolidamento della storica immagine di
solidità tanto in patria quanto all'estero. La
guida del Caro Leader non deve apparire in discussione neppure di
fronte ai dubbi sul suo stato di salute, mentre la successione di Kim
Jong-Un non può non passare tramite una legittimazione all'interno
delle gerarchie militari.
Quando si parla di figa?!?!??!??!
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